“La traduzione letterale di “to bail” è “far rilasciare su cauzione”, mentre se aggiungiamo una piccola proposizione il significato corrente diviene “per salvare”: se la piccola proposizione è out (fuori) il salvataggio proviene da fuori, se al contrario è in (dentro) la variazione del significato non necessita di spiegazioni.” Mauro Magnani
Ho pensato di condividere con Voi l’istituto del salvataggio interno degli istituti di credito.
Le disposizioni in tema di risoluzione delle crisi bancarie sono entrate in vigore in data 16 novembre 2015 con la pubblicazione in gazzetta ufficiale dei decreti legislativi n. 180 e n. 181 (I “Decreti”).
In sintesi è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva europea (Direttiva n. 2014/59/UE) che istituisce un regime armonizzato nell’ambito dell’Unione Europea .
Le disposizioni relative allo strumento del bail-in sono entrate in vigore a partire dal 1° gennaio 2016. Si mette in evidenza che tali disposizioni, in materia di riduzione o conversione di strumenti di capitale e di bail-in, potranno essere applicate dall’Autorità anche agli strumenti finanziari emessi PRIMA del 1° gennaio 2016.
Il tratto distintivo di tali contenuti consiste nel limitare l’intervento pubblico a sostegno di un intermediario che versi in una situazione di crisi.
Gli aspetti innovativi attengono all’introduzione di strumenti e di poteri che le Autorità di ciascun Paese (preposte alla risoluzione delle crisi bancarie) possono adottare per la risoluzione di una situazione di dissesto o di rischio di dissesto di una Banca.
COSA SIGNIFICA SOTTOPORRE UNA BANCA AD UNA PROCEDURA DI RISOLUZUIONE?
Significa avviare -in alternativa alla liquidazione coatta amministrativa disciplinata dal Testo Unico Bancario- un processo di ristrutturazione gestito dalle Autorità che, in forza dei poteri alle medesime attribuiti dai Decreti, potranno utilizzare mezzi e tecniche che mirano alla garanzia della continuità delle funzioni essenziali della banca (ad esempio i servizi di pagamento, i depositi, ecc.), alla stabilità finanziaria, al contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, alla tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela.
Resta fermo il principio che nessun creditore dovrà subire perdite superiori a quelle che avrebbe subito se la banca fosse stata sottoposta a procedura di liquidazione coatta amministrativa.
QUANDO PUÓ ESSERE SOTTOPOSTA UNA BANCA AD UNA PROCEDURA DI GESTIONE DELLA CRISI O A RISOLUZIONE?
Le Autorità possono sottoporre una banca ad una procedura di gestione della crisi o a risoluzione quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:
1) la banca è in dissesto o a rischio di dissesto e cioè quando
a) risultano irregolarità nell’amministrazione o violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie che regolano l’attività della banca di gravità tale che giustificherebbero la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività;
b) risultano perdite patrimoniali di eccezionale gravità, tali da privare la banca dell’intero patrimonio o di un importo significativo del patrimonio;
c) le sue attività sono inferiori alle passività;
d) essa non è in grado di pagare i propri debiti alla scadenza;
e) elementi oggettivi indicano che una o più delle situazioni indicate nelle lettere a), b), c) e d) si realizzeranno nel prossimo futuro;
f) è prevista l’erogazione di un sostegno finanziario pubblico straordinario a suo favore, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 18 del D.lgs. 180/2015 (ad esempio quando il sostegno finanziario pubblico straordinario venga concesso tramite una garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalla Banca Centrale alle condizioni da essa applicate);
2) non si possono ragionevolmente prospettare misure alternative che permettono di superare la situazione di cui al punto 1) in tempi adeguati, tra cui l’intervento di uno o più soggetti privati o di un sistema di tutela istituzionale, o un’azione di vigilanza.
Quando vengono accertati i presupposti per l’avvio della procedura di crisi o per la risoluzione viene disposta alternativamente nei confronti della banca:
a) la riduzione o la conversione di azioni, di altre partecipazioni e di strumenti di capitale emessi dalla Banca, quando ciò consenta di rimediare allo stato di dissesto o di rischio di dissesto della medesima;
b) in caso la misura indicata al punto i) non consenta di rimediare allo stato di dissesto o di rischio di dissesto della banca, l’adozione di “misure di risoluzione” della crisi oppure la liquidazione coatta amministrativa.
QUALI SONO GLI STRUMENTI DI RISOLUZIONE?
Sono misure di risoluzione:
a) la cessione di beni e rapporti giuridici a un soggetto terzo, o a un ente-ponte o a una società veicolo per la gestione delle attività (quest’ultima è disposta solo congiuntamente alle prime due ipotesi di cessione);
b) il “salvataggio interno” meglio noto come BAIL-IN.
L’intervento pubblico è previsto soltanto in circostanze straordinarie per evitare che la crisi di un intermediario abbia gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso. L’attivazione dell’intervento pubblico, come ad esempio la nazionalizzazione temporanea, richiede comunque che i costi della crisi siano ripartiti con gli azionisti e i creditori attraverso l’applicazione di un bail-in almeno pari all’8 per cento del totale del passivo.
COS’È IL BAIL-IN ?
Il “salvataggio interno” è uno strumento che consente alle citate Autorità (in Italia la Banca d’Italia) di disporre, al ricorrere delle condizioni di risoluzione, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la Banca in difficoltà in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a mantenere la fiducia del mercato; oppure in caso di cessione, per ridurre il valore nominale delle passività cedute o per convertire queste passività in capitale.
COME SI APPLICA?
Il bail-in viene applicato dalle Autorità seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva. In primo luogo, si sacrificano gli interessi dei “proprietari” della banca, ossia degli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. In secondo luogo, si interviene su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni – al fine di ricapitalizzare la banca – e/o ridotte nel valore, nel caso in cui l’azzeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite.
L’ordine di attuazione è il seguente:
1. azioni ordinarie, utili non distribuiti e riserve (al netto dell’avviamento);
2. obbligazioni convertibili;
3. debiti subordinati, ossia debiti subordinati a media-lunga scadenza (5 anni) ed eventuali eccedenze delle rettifiche di valore rispetto alle perdite attese (es. obbligazioni Tier I e Tier II);
4. altri debiti subordinati (es. obbligazioni Tier III);
5. altre passività ammissibili (es. obbligazioni ordinarie e depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro).
Ad esempio, in caso di bail-in, chi possiede un’obbligazione bancaria potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l’autorità non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria.
COSA È ESCLUSO DALLA PROCEDURA?
Le esclusioni, disciplinate dall’art. 49 del D.Lgs 180/2015, riguardano:
i depositi fino a 100.000 euro, cioè quelli protetti dal Fondo di garanzia dei depositi. Questa protezione riguarda, ad esempio, le somme detenute sul conto corrente, in conti deposito (quali ad esempio i depositi vincolati), in libretti di deposito e in certificati di deposito nominativi coperti dal Fondo di garanzia; non riguarda, invece, altre forme di impiego del risparmio quali le obbligazioni emesse dalle banche. Anche per la parte eccedente i 100.000 euro, i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese ricevono un trattamento preferenziale. In particolare, essi sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui il bail-in di tutti gli strumenti con grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale.
i depositi al dettaglio eccedenti i 100.000 euro possono inoltre essere esclusi dal bail-in in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria a condizione che il bail-in sia stato applicato ad almeno l’8% del totale delle passività.
le passività garantite, incluse le obbligazioni bancarie garantite, le passività derivanti da contratti derivati di copertura dei rischi dei crediti e dei titoli ceduti a garanzia delle obbligazioni, nel limite del valore delle attività poste a garanzia delle stesse, nonché le passività nei confronti dell’amministrazione tributaria ed enti previdenziali, se i relativi crediti sono assistiti da privilegio o altra causa legittima di prelazione;
qualsiasi obbligo derivante dalla detenzione da parte dell’ente sottoposto a risoluzione di disponibilità dei clienti, inclusa la disponibilità detenuta nella prestazione di servizi e attività di investimento e accessori ovvero da o per conto di organismi d’investimento collettivo o fondi di investimento alternativi, a condizione che questi clienti siano protetti nelle procedure concorsuali applicabili;
qualsiasi obbligo sorto per effetto di un rapporto fiduciario tra l’ente sottoposto a risoluzione e un terzo, in qualità di beneficiario, a condizione che quest’ultimo sia protetto nelle procedure concorsuali applicabili.
QUALI SONO I POTERI DELLA BANCA D’ITALIA PER DARE ATTUAZIONE ALLE MISURE GENERALI DI RISOLUZIONE?
La Banca d’Italia, senza dover richiedere il preventivo consenso da parte di alcun soggetto pubblico o privato, né fornirne comunicazione, può esercitare i seguenti poteri:
– richiedere alla banca la trasmissione di notizie, dati e documenti, nonché di ogni altra informazione utile ai fini dell’avvio e all’attuazione della risoluzione, ed effettuare ispezioni;
– disporre il trasferimento a terzi di azioni o di altre partecipazioni emesse dall’ente sottoposto a risoluzione;
– disporre la cessione a terzi interessati di beni e rapporti giuridici dell’ente sottoposto a risoluzione;
– ridurre o azzerare il valore nominale di azioni o di altre partecipazioni emesse dall’ente sottoposto a risoluzione, nonché annullare le azioni o i titoli;
– ridurre o azzerare il valore nominale delle passività ammissibili dell’ente sottoposto a risoluzione o il debito residuo derivante dalle medesime passività;
– annullare, ove necessario, i titoli di debito emessi dall’ente sottoposto a risoluzione, ad eccezione delle passività garantite;
– convertire passività ammissibili in azioni o in altre partecipazioni dell’ente sottoposto a risoluzione o di una società che lo controlla o di un ente-ponte;
– disporre che l’ente sottoposto a risoluzione o la società che lo controlla emetta nuove azioni, altre partecipazioni o altri strumenti di capitale, compresi strumenti convertibili in capitale;
– modificare la scadenza dei titoli di debito e delle altre passività ammissibili emessi dall’ente sottoposto a risoluzione, o modificare l’importo degli interessi maturati in relazione a questi strumenti e passività o la data a partire dalla quale gli interessi divengono esigibili, anche sospendendo i relativi pagamenti per un periodo transitorio; questo potere non si applica alle passività garantite;
– attivare clausole di close-out o disporre lo scioglimento dei contratti finanziari o dei contratti derivati di cui è parte la banca;
– disporre la rimozione o la sostituzione degli organi di amministrazione e controllo e dell’alta dirigenza della banca, nel caso in cui siano venute meno le condizioni della loro permanenza in carica;
– chiedere alla Banca Centrale Europea quale autorità competente di effettuare la valutazione del potenziale acquirente di una partecipazione qualificata in deroga ai termini applicabili.
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